Ciao Nicol,
per bici da montagna ci sono tutta una serie di tipologie di manubri, alcune più nuove e altre più vecchie. Partiamo dall'inizio.
La MTB nasce come modifica della bici da utilizzo stradale per l'uso fuoristradistico. Molti componenti sono stati inizialmente mutuati dalle bici stradali e dai cruiser e spesso questo fardello si è trascinato per oltre 20 anni per il semplice motivo che nessuno ha pensato le cose con una ottica diversa (è il caso della guarnitura a tre corone ma la cosa non ci riguarda adesso).
Ad ogni modo i primi manubri erano strettamente "legati" alle prime forcelle, rigide, con il cannotto da 1 pollice filettato di chiara derivazione stradale/cruiser.
Spesso i primi manubri erano un corpo unico con il piantone manubrio (detto anche attacco o in inglese Stem) il quale era un triangolo (quando andava bene) fatto da due tubi saldati direttamente sulla barra orizzontale del manubrio e con un ulteriore tubo verticale che si infilava nel cannotto forcella. Questo tubo orizzontale era tagliato "a fetta di salame", a spanne 45/55 gradi. Una lunga vite scendeva dall'alto e si avvitava ad un cilindro posto sotto il tubo tagliato in maniera speculare. Stringendo la vite il cilindro scorreva lungo il taglio del tubo fissando il tutto per interferenza all'interno del cannotto forcella.
Altro attacco manubrio era un semplice oggetto dotato di questo tubo verticale a cui era saldato un singolo tubo che puntava in avanti, il quale aveva un morsetto all'interno del quale si infilava il manubrio.
Una ulteriore variante era un attacco manubrio formato dal tubo verticale "affogato" in una fusione di alluminio o leghe simili che faceva funzione di attacco dove si montava il manubrio.
Il diametro del manubrio era al centro (dove si fissava lo stem) di 25.4mm (1 pollice) e si rastremava ai lati fino a 22 mm dove si fissavano leve freno e comandi cambio.
Il materiale di questi primi arnesi era ferraccio per quelli economici e acciaio al Cromo Molibdeno per quelli belli. La finitura era verniciatura o cromatura.
Col tempo sono arrivate le leghe leggere 6061 e 7075 per il manubrio e alluminio/acciaio per lo stem.
La forma del manubrio era sostanzialmente una barra quasi dritta (era leggermente piegata all'indietro nelle estremità per venire incontro ai polsi, circa 8° o 9°), larga circa 580 mm.
Le cose rimasero così finchè le forcelle furono rigide. Poi arrivarono le forcelle ammortizzate ma le prime avevano una corsa di 30/40 mm. Il problema era che l'escursione aumentava la lunghezza della forcella stessa ma finchè l'escursione era piccola la cosa era ininfluente.
Presto l'escursione passò a 80, poi 100, poi 130, 160, 180 e 200 e oltre mm a seconda delle discipline e il problema della lunghezza forcella si fece sentire.
Cambiarono gli angoli di sterzo dei telai per controbilanciare le maggiori lunghezza ma per l'altezza della forcella c'era poco da fare, bisognava abbassare il manubrio. Nel frattempo era necessaria una maggiore robustezza della zona sterzo dovuta al maggior braccio di leva della forcella lunga.
Quindi il cannotto passò da 1 pollice filettato ad 1 pollice e 1/8 senza filettatura. L'attacco manubrio cambiò radicalmente diventando da maschio a femmina. Quindi non era più l'attacco che si infilava nel cannotto ma il cannotto della forcella che proseguiva verso l'alto oltre la serie sterzo e si infilava attraverso lo stem che poi lo chiudeva con un morsetto a due viti (a volte tre). Il cannotto forcella avanzante veniva segato via e lo stem regolava la chiusura della serie sterzo tramite un expander o un "ragnetto" in acciaio infilati nel cannotto.
La particolarità di questo nuovo stem è che oltre alla lunghezza variabile a seconda delle scelte, ha una inclinazione di alcuni gradi verso l'alto. Se montato sottosopra l'inclinazione diventa negativa aumentando le possibilità di personalizzazione della posizione manubrio.
Per le discipline velocistiche lo stem è più lungo (fino a 120 mm) mentre per le discesistiche è più corto (fino a 35mm).
Il manubrio continuava ad avere il diametro di 1 pollice al centro e la sua altezza si regolava anche con degli anelli (spesori) da mettere a scelta fra la serie sterzo e l'attacco manubrio.
Nel frattempo le bici si specializzavano sempre di più e si differenziavano a seconda delle discipline. Grande spinta al cambiamento arrivò grazie alle bici da discesa (downhill) che necessitavano di manubri più alti per minimizzare il rischio di ribaltamenti in avanti in discesa.
Apparvero quindi i primi manubri rialzati che avevano una ulteriore barra orizontale morsettata ai lati per irrobustire il tutto. Il manubrio era sostanzialmente una curca che partendo dal centro piegava verso l'alto a 30/40 gradi, quindi tornava orizzontale e si rastremava a 22 mm per i comandi e le leve freno. La barra orizzontale si fissava sulla sommità delle curve alte e il rialzo del manubrio (rise) poteva variare (30mm? 40 mm?).
I materiali ormai erano tutte leghe di alluminio.
Lo step successivo fu il manubrio oversize. Ovvero la parte centrale passava da 25,4 mm a 32 mm rastremati a 22 ai lati. Spariva quindi la barra di rinforzo, non più necessaria e le tipologie di manubrio diventavano due, entrambe oversize: Flat, piatto, per usi più da crosscountry (velocità), con 580 canonici di larghezza e Rise per usi più gravity (discesa), rialzato con 640 di larghezza. Il rise può variare da 20 a 50 mm.
Con il tempo si è capito che il manubrio largo era meno maneggevole ma forniva più braccio di leva in condizioni di terreno sconnesso, difficile e pesante, per cui la larghezza è passata da 640 a 680, poi 720 e oltre fino a 800 o più a seconda delle necessità.
Il flat rimane nei canonici 580 mm.
Arriva quindi la fibra di carbonio, il che comporta nuove dinamiche, anzi dinamometriche. I primi erano falsi, ovvero avevano come anima un tubo di alluminio e un rivestimento di carbonio. Poi sono arrivati quelli in fibra di carbonio completi il che ha visto la necessità dell'utilizzo di chiavi dinamometriche per il serraggio, onde evitare cricche da sovraserraggio.
I primi in fibra di carbonio furono per le pratiche velocistiche dove serviva leggerezza, poi piano piano sono arrivati anche per le discesistiche.
Il vantaggio del carbonio, oltre alla fichetteria, è un minor peso e una maggiore flessibilità che aumenta il comfort.
Spesso i manubri da crosscountry hanno una anima in alluminio alle estremità, dove vanno morsettate delle appendici (dette genericamente "corna") che aiutano lo sforzo in salita.
L'utilizzo del carbonio in mtb è spesso controverso e molte persone non sono favorevoli (tra cui me) al suo utilizzo per il problema delle rotture improvvise senza preavviso che creano situazioni di pericolo molto gravi. Infatti continua senza flessioni anche la produzione di manubri in leghe di alluminio.
L'avvento di un nuovo tipo di bici ha nuovamente cambiato le cose. La mtb con la ruota da 29 pollici al posto della tradizionale da 26 pollici è tutt'ora molto controversa per vari motivi.
Uno dei quali è la riproposizione, nuovamente, del problema dell'altezza forcella. Il manubrio quindi in posizione troppo alta doveva avere nuove soluzioni. Si tornò ovviamente al flat anche sulle discipline cross country (dove il rise, più comodo aveva ormai fatto capolino da tempo), e togliendo gli spessori forcella si riusciva ad abbassare di 30/40 mm. Ma spesso non è bastato per cui sono arrivati degli stem con molti gradi di inclinazione, anche 15 contro i tradizionali 6, 7, 8 gradi, montati ovviamente sottosopra per abbassare ulteriormente il tutto.
Con la ruota grossa però si sono accorti che il manubrio flat da 580 mm era troppo stretto per gestire adeguatamente la sterzata per cui anche il flat abbandona dopo 25 anni la sua tradizionale larghezza e arriva anche a 720 mm. Il che comporta anche un aumento dell'inclinazione all'indietro delle estremità per non spaccare i polsi.
Attualmente le situazioni sono queste più o meno.
Gli sforzi che un manubrio deve sostenere sono la flessione delle estremità verso il basso e in avanti quando il peso del ciclista è caricato sul manubrio (in discesa ad esempio) e le flessioni verso l'altro e indietro quando il ciclista tira in salita. Inoltre va considerata anche la flessione in avanti e dietro nel momento della sterzata. Ci sono poi dei picchi di carico quando il ciclista cade e va a sbattere. la prima cosa che tocca il suolo, dopo le ginocchia, sono quindi le estremità del manubrio, che spesso si ficcano nel terreno e devono subire le leva dell'intero telaio sul quale il corpaccione morto del ciclista si abbatte.
Spero di esserti stato di aiuto.
Boda