è possibile che abbiamo inserito una vostra foto su un numero di Ciclismo?? Io mi ricordo sta cosa, stasera butto per aria la collezione di riviste....
Scusatemi l'off topic. Ma ci tengo troppo a descrivere le emozioni del tandem. Spero la prossima volta di ripetermi con la 29er:
Trovo ora il tempo per scrivere della mia avventura francese, o meglio nostra avventura, in quanto ha coinvolto lintera famiglia.
Partiamo per il Monginevro sabato 11 agosto la mattina presto con il camper, arriviamo in loco a mezzogiorno, giusto il tempo per una pastasciutta che io e mio papà, visto il bel tempo, decidiamo di prendere la bici per una sgambatina. Avendo fatto un po tutti i passi in zona decidiamo di andare a vedere comè il Col du Granon (
http://www.salite.ch/granon2.asp?map...0&empriseH=661) che tutto sommato è una gran bella salita, tutto al sole, esposto e con poco traffico.
Il giorno dopo ci spostiamo a Bedoin, sotto il Mont Ventoux. Troviamo un campeggio, prepariamo il tandem e ci rilassiamo. Il giorno 14 ci attende la prima sfida. Tenteremo di brevettarci Galerien du Ventoux, e cioè fare nellarco delle 24 ore le 4 salite al colle. Che sarebbero 190 km per oltre 6000 metri di dislivello. Neanche tanti, ma fatti in tandem e con un versante che prevede almeno 10 km di strada bianca sono durissimi. Almeno così credevamo. Partiamo alle 3.00. A Bedoin troviamo un panettiere per il primo timbro. Sa già tutto, forse è abituato, prontamente ci timbra sul posto giusto il foglio di viaggio e ci augura bon courage. In piazza del paese cè della gente che dalla sera prima sta ancora giocando a petanque. Tra matti ci salutiamo. Inizia la prima salita, la conosco benissimo, solo che è buio pesto, il superled illumina benissimo la strada, solo che è inesorabilmente in pendenza. Ma dopo un po prendiamo il ritmo, parliamo, ci facciamo coraggio, alterniamo 100 metri seduti con 100 metri sui pedali. Non cè anima viva, il bosco, forse causa la forte siccità non sembra avere animali, siamo soli ma dolcemente viaggiamo. Viaggiamo con calma ma inesorabili. Senza crederci arriviamo al rifugio Reynard, dove inizia il bianco ghiaione, beviamo dal thermos caldo un buon caffè, mangiamo un dolcetto e ripartiamo. Col ghiaione appare lalba. Le pietre sembrano emettere anche loro un po di luce. Stiamo bene e arriviamo in vetta. Altro caffè e dolcetto e ripartiamo per Malaucene. La discesa col tandem è stratosferica, per fortuna abbiamo i
freni a disco con le pastiglie nuove appena montate. Toccheremo anche i 100 allora. Verso il termine della discesa troviamo i primi ciclisti che stanno risalendo da quel versante. Tra matti ci salutiamo. A Malaucene timbriamo il foglio di viaggio e alla prima boulangerie ci facciamo 2 cornetti, buonissimi. Ripartiamo. Verso mezzogiorno completeremo anche il versante più facile, quello di Sault. Dopo di che riscendiamo a Bedoin, rientriamo in campeggio, ci facciamo una doppia pastasciutta e ripartiamo per lultima fatica, la forestale di Bedoin. Che è terribile. Sarebbe da fare in mountainbike. Con un tandem stradale è follia. Comunque i copertoncini tengono. Pian piano saliamo. Per 200 metri anche a piedi. Verso la fine rientriamo nella via normale di Malaucene. Mancano solo 5 chilometri. I primi tre li divoriamo. Poi ci rilassiamo, o meglio, siamo soddisfatti, stiamo bene, siamo contenti che lasciamo le cose venire, con calma incontro. Tutto è compiuto. Nel cuore, nellanima, ci sentiamo leggeri. Il vento sembra soffiarci a favore. La temperatura non è mai stata cosi gradevole. Non sentiamo la
catena. Credo che queste sensazioni saranno la mia ancora per i momenti brutti e difficili da qui ai prossimi cento anni. Scendiamo, anche se a malincuore, la sera facciamo festa, Lindomani partiremo per Parigi. A Parigi le storie sono diverse, qui piove sempre e fa pure freddo. Parcheggiamo il camper a Versailles. I giorni che precederanno la PBP li passiamo alternando uscite in bici a visite a Parigi. Che nel suo piccolo è una cittadina graziosa. Noi veniamo dalle terre della Repubblica della Serenissima e in ogni confronto con il mondo giochiamo in vantaggio. Noi partiremo per Brest martedì mattina alle 04.45. Ci classificano che veicoli speciali, ma speciali lo sono anche i conducenti. Partiamo di mattina perché non ce la sentiamo di correre di notte. Abbiamo tentato molte volte di correre durante la notte ma è più forte di noi. Noi ci siamo formati nellera del Carosello. Siamo (io e mio papà) bambinoni, mai riusciti a vedere un film o un programma in prima serata, perché di solito in faccende lenzuola affaccendati. La nostra tattica quindi prevede di dormire tutte le notti, partire presto la mattina, correre il più veloce possibile, fermarci a tutti i ristori per recuperare. Non siamo veri randonneur, riusciamo a rimanere in sella per massimo 2 ore consecutive, poi ci dobbiamo fermare per mangiare, per prendere fiato, per ripartire più forte di prima. Tattica folle. E che anni e anni di agonismo ci hanno condizionato. O forse siamo noi che non vogliamo cambiare la nostra natura. Ci piace il nostro modo di intendere in ciclismo, cercheremo di portare, nel nostro piccolo, lindole agonistica alla PBP. E in effetti alla PBP cè posto per tutti. Partiamo. Dopo solo 20 km, percorsi a ritmo di gara, foriamo. Sembrerebbe iella, non abbiamo mai forato nel bestiale sterrato del Ventoux, invece si rivela un colpo di fortuna. Perché ci permette di assistere al più bello spettacolo del mondo. Siamo soli, al buio, in mezzo alla campagna francese, il gruppo dei veicoli speciali ci ha abbandonato. Poi ad un tratto, lontano, vediamo una lucetta azzurra, poi due, poi dieci, poi cento, poi mille. Sono i concorrenti della partenza successiva. Silenziosi, veloci, dolcemente a migliaio ci sfilano, e le lucette che prima erano azzurre diventano a migliaia rosse e, dincanto come sono apparse ci lasciano. Rimaniamo con i brividi e la ruota da riparare. Ma in breve ripartiamo. Forse siamo ultimi. Ma io con mio papà alle spalle non ho paura di niente. Recuperiamo posizioni, prima decine, poi centinaia. Nei tratti vallonati, col tandem, siamo avvantaggiati, in discesa voliamo e dinerzia arriviamo fino quasi allo scollinamento successivo. Arriviamo al primo ristoro, pasta, patate, pane e dolce, mangiamo avidamente, ripartiamo, ma con il turbo. La nostra PBP sarà da questo momento in poi una corsa a tappe. Tante tappe. Tappe per i ristori, tappe per il gelato, tappe per il caffe e il dolce, tappe per il croissant e tappe per i bisogni fisiologici. Praticamente, dalla partenza di ogni controllo, superiamo centinaia di persone che sistematicamente ad ogni nostra fermata a loro volta ci sorpasseranno. Ma a noi va bene così. La sera ai controlli facciamo la doccia, mangiamo, e dormiamo. Sette ore la prima notte, 5 la seconda e cinque la terza. Il fatto di fermarci così tante volte per riposare e mangiare rende la nostra PBP molto sopportabile. I nostri traguardi volanti, sono obiettivi a brevissimo termine, che ci distolgono lattenzione dalla lunghezza enorme, nel suo complesso, della prova. Non abbiamo bisogno di
integratori, in due mangeremo solamente una barretta in tutta la PBP e non toccheremo quasi mai lacqua delle nostre borracce, vista quella ricevuta dal cielo ma soprattutto visto che ci fermeremo a mangiare e bere in tutti i ristori. Poi arriva giovedì pomeriggio. Siamo contenti, ci mancano solamente 200 km. Stiamo bene e contiamo di arrivare entro la notte. Sta piovendo, la strada è umida. E discesa, scendiamo veloci. Cè una curva che sta arrivando. Inizio a frenare, forse sbaglio, forse la stanchezza. La ruota anteriore, finchè lasfalto è rugoso, tiene, poi improvvisamente scivola, noi col tandem, scivoliamo di lato. Dovrebbe essere un disastro, andavamo forte, strusciamo sullasfalto umido per almeno 50 metri finchè ci fermiamo. Cerco di alzarmi, subito guardo mio papà, ha perso i sensi. Dio mio cosho fatto, cerco di animarlo, una signora del posto intanto chiama lambulanza. Mio papà sembra riprendersi, dice che sta bene, ma ha una botta al casco che si è rotto, così come si sono rotti i suoi
occhiali, perde sangue dal sopraciglio sinistro. Arrivano i soccorsi, lo sistemano sul lettino per sistemarmelo, vorrebbero portarlo allospedale ma fermamente, mio papà si ribella. Abbiamo cose più importanti da portare a termine, anche i soccorritori ci capiscono, e dopo aver firmato alcune carte, ci lasciano proseguire. Sanguinanti, mestamente, sotto la pioggia ripartiamo. Le prime pedalate sono dure, non riesco a parlare, inizia a far buio. Ci sembra essere soli, perduti, ultimi. Invece qualche altro concorrente lo superiamo. Prima uno, poi due, poi un intero gruppo. E che noi siamo fatti così. Ci basta poco ad animarci, un minimo di competizione che il male passa in secondo piano. La sera comunque ci fermeremo per farci la doccia e dormire. Oggi ci è andata anche bene e siamo soddisfatti. Domani cè tutto il tempo per arrivare. E così arriviamo. O meglio. Anche larrivo a Parigi è solo un traguardo volante, uno dei tanti, non lultimo.